Un cocktail mentale per il dopo-Covid – Sesta puntata – Blue Ocean mindset
Correva l’anno 2005. Chan Kim e Renée Mauborgne, professori all’INSEAD, iniziarono a distinguere tra oceani rossi, la cui colorazione derivava dal sangue dei pesci che si mangiano a vicenda, ed oceani blu, in cui i pesci trovano di che sostentarsi senza doversi eliminare l’un l’altro a causa della scarsità di risorse. La provocazione era: e se la scarsità esistesse solo nella nostra testa? Il loro libro (Strategia oceano blu. Vincere senza competere, 2005), divenne immediatamente un bestseller. They were onto something.
La ragione per cui sta tornando alla ribalta è che l’approccio proposto serve a rendere la concorrenza irrilevante e a creare spazi di mercato nuovi nei quali i tradizionali trade-off (per esempio, costi verso differenziazione) non valgono. L’idea di poter eliminare alcuni vincoli, in questo momento particolare, è certamente seduttiva.
Possedere la mentalità dell’oceano blu significa non prendere per dati i vincoli del proprio mercato di riferimento, inventare nuovi mercati, creare la propria domanda anziché cercare modi per strappare quote alla concorrenza. Questa mentalità poggia, come la precedente, sull’ipotesi di abbondanza, sulla capacità di ampliare la visione e sul coraggio di avventurarsi verso ciò che non è ancora stato esplorato. Nel mondo post-Covid sarà sempre più necessaria perchè la comfort zone è diventata danger zone. Magari è vero anche il viceversa.
Queste considerazioni sono incluse in un articolo che ho scritto per il PROGETTO MACROTRENDS 2020-2021 della Harvard Business Review Italia.